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mente. L’audace ascensione fu compita in mezzo alle difficoltà più aspre, più atroci: bisognò gittare dei razzi di ferro, in alto, per attaccarvisi, tanto la parete di roccia è liscia ed a picco: bisognò ricorrere a tutti i mezzi estremi, di cui si serve l’ostinazione e la tenacia dell’uomo per vincere una vetta. Due giorni dopo la sua spedizione, verso mezzodì, sulla bianca via che dal ghiacciaio della Brenva passa per Entreves e costeggia il monte della Saixe, presso il ponte di legno, sotto cui spuma fragorosa e bianchissima la Dora, noi incontrammo il duca degli Abbruzzi, di ritorno. Con un passo elastico e saldo, col viso rosso dal sole alpestre e dal gelo notturno delle grandi altezze, sotto il suo grande cappello di feltro, taciturno, tranquillo, per quel giorno, egli faceva l’ultimo tratto di strada per rientrare in Courmayeur, come se venisse da una passeggiatina nei boschi. Alle nostre spalle, in Courmayeur, già cominciavano gli ingenui, i campestri spari di mortaretto, per salutare colui che ritornava, umilmente e quietamente, al piccolo paese: tutti i villeggianti erano alle porte delle loro casupole: tutti i villeggianti erano