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400 lettere d’una viaggiatrice

che, come il Cervino è la montagna delle montagne, come la Valtournanche è la valle delle valli, così l’orrido di Busserailles è l’orrido degli orridi. Per finire di demolire nella immaginazione il mio Guillemore, mi si domanda, se innanzi a quello spettacolo, io ho provato un senso di orrore; io mi ricordo, subito, il mio povero piccolo Lys, il mio candido e spumante fiume del giglio, e i grandi massi su cui si precipitava nel fondo, in Guillemore, e l’altezza dell’abisso che curiosamente misurai, gittandovi dentro una grossa pietra, distaccata dall’orlo.

No; non ho avuto senso di orrore... Ebbene, un orrido che non fa orrore, non esiste; si può concedere a Guillemore di essere una cascata, ma niente altro Così, ancora una volta, la segreta tortura della montagna mi riprende, e all’insaziato desiderio di vederla, di comprenderla, di abbracciarla, tutta, col cuore e con la fantasia, risponde una realtà troppo breve e troppo piccola. Non la vedrò mai, tutta: e niuno, credo, tornandoci per cinque, dieci, venti anni, l’ha mai vista, tutta... Sono