broccato rosso e giallo: alle volte, in mezzo, vi è un immenso tavolo, coverto da un sontuoso tappeto di velluto rosso. Nell’albergo, al venerdì, andando alla tavola rotonda, vi sono due minute: una di grasso, una di magro. Intorno, nella piazza, delle grandi botteghe di oggetti sacri, dalla minuta chincaglieria, dal rosarietto di pochi soldi alla ricca patena lucente di oro e di argento: e nelle stanze, nel cortile, nella piazza, è sempre più forte questo carattere non mistico solamente, non mistico e chiesiastico, solamente, ma clericale. La gente si aggira con passi discreti; parla a voce bassa; sogguarda di sfuggita e non guarda il suo vicino; e non osa, chi non sia nè prete, nè prelato, nè cardinale e pure ami vivere al Minerva, come io amo di vivervi, non osa darsi a tutti gli strepiti del viaggiatore indipendente e impertinente.
E per chi abbia lo spirito attento come sono attenti gli occhi, anche la prima volta che sia giunto colà, o se vi ritorni, attirato da quel singolare ambiente, un’altra forma, più complessa, più complicata, più intensa e più ignota dell’anima di Roma, gli appare. Costoro, questi