342 |
lettere d'una viaggiatrice |
|
ore belle, delle ore che niente può turbare...
Intrepide donne e pazienti, e tenaci, e ostinatissime, in tutta la loro grazia, poiché sul campo di Longchamps il sole ardeva più forte, più bruciante, poiché i ciottoli del terreno pungevano le suole leggiere delle scarpette fini, poiché esse volevano aver tutto, un buon posto, dell’ombra, dello spazio, una buona sedia, un orizzonte libero, il cavaliere preferito sulla cui spalla appoggiare la mano, e volevan veder arrivare il corteo, volevano vedere il presidente Loubet e vedere le toilettes delle altre signore, e far vedere la propria, e in fine, in fine, veder correre anche il Grand Prix, tutto volevano, queste signore... E, miracolosamente, a furia di energia sorridente, di buona grazia, di amabile imperiosità e di sovranità muliebre esercitata gentilissimamente, ora facendosi piccine, ora ergendosi sulle sedie, scivolando fra le persone, seguite dal loro breve strascico di seta, di battista, di merletto e passando dove nessuno sarebbe passato, snelle, quasi evanescenti e pure reali, tenendo il loro ombrellino, il loro ventaglio, la jumelle e talvolta un mazzolino