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nell’alma roma 27

chio si spazia sui larghi prati fioriti e non vi è voce, non vi è passo umano che rompa il silenzio; innanzi a quel picciolo e torbido e tumultuoso Aniene gonfio e minaccioso, sebbene piccolo, sotto i rami nerastri dei brevi salici nudi, in un tempestoso giorno di febbraio, oltre il ponte Nomentano. Snobs! Probabilmente queste miliardarie di America, questi conti ungheresi, queste suggestive bellezze inglesi, questi, uomini di tutti i paesi, compiono questi pellegrinaggi così delicatamente attraenti, come farebbero qualunque altra azione della loro vita, anche comune, anche volgare, come giuocherebbero una lunga partita di trente et quarante a Montecarlo, come applaudirebbero il cake walk, alle Folies-Bérgeres: probabilmente, il loro gusto d’arte, il loro gusto di poesia, è tutto esteriore e non giunge ad elevare, ad esaltare il loro spirito: probabilmente quello che essi vedono, che essi assaggiano, che essi assaporano, con manifesto piacere dei sensi e dell’anima, in Roma, non giunge a dar un palpito di più al loro cuore stanco, un fremito più profondo alla loro anima stanca: probabilmente! E che im-