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lettere d’una viaggiatrice |
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d’Issigny con lo zucchero costa una lira e cinquanta, ma delle pesche di Montreuil, adesso, costano sei lire l’una. Tutto è illusione ed è inganno. Ogni tanto, bisogna anche lasciarsi vincere. Non volete voi, anche, pagare la suprema eleganza dell’ambiente, e i morbidi tappeti, e le poltrone profonde, e il gran silenzio del servizio, e i cristalli, e le argenterie di gran lusso e l’apparizione delle più belle signore di Parigi, non che di quelle altre, che non sono signore, ma sono anche belle?... Ogni tanto bisogna cedere le armi: bere la bottiglia di vino che ha venticinque anni: accettare l’offerta del piatto esotico: chiedere la primizia di un frutto: sapere che è quella tale pietanza.
Farla da buon lottatore, che abbandona le armi per sua volontà, perchè così gli piace, per un capriccio. In realtà, se non vi fossero degli ignoranti, dei timidi, degli innamorati, dei distratti, degli snobs, i grandi restaurants di Parigi non potrebbero sussistere; la nota di diciotto lire per una colazione e di trenta per un pranzo di tre persone, se si moltiplicasse, sarebbe per loro un fallimento.