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nella città del sogno 258

germente più oscure, leggermente più forti, ma che mancano di qualunque solidità, di qualunque realità. Voi vedete intorno a voi, già, un agitarsi di persone che si affaticano intorno alla stazione, ma queste istesse persone, fra i veli negri della nebbia, non assumono nulla di preciso, di definito, ritengono il loro fluttuante carattere di ombre: e presto, subito, voi stesso, ombra bigia di uomo o di donna che siate, entrate in un’ombra à fiacre, condotto dall’ombra di un cavallo e guidato dall’ombra di un cocchiere. Rare, rare, fioche sono le voci: sordo è il mormorio dei carri, delle carrozze, degli automobili, degli omnibus: appena, appena schioccano le fruste: la visione, di cui ormai voi siete un attore e non più uno spettatore, vi avvolge e vi travolge. Dallo sportello del fiacre, di cui avete abbassato l’umido cristallo, voi cercate distinguere qualche cosa di più nitido, di più preciso, per le vie che attraversate: cercate di sottrarvi ai grandi veli, entro cui voi stesso giacete, ficcando lo sguardo, fisamente, cercando di rifarvi un Parigi, nella memoria. Ah... ecco qualche cosa di bigio, che si allunga, si