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266 LETTERE D’UNA VIAGGIATRICE


In quell’ora primissima, susseguente alle luci livide, fredde e metalliche dell’alba, l’enorme città è sempre avvolta in un velo di nebbia. Avvolta....? Giace fra la nebbia che, nella notte, si eleva dal suo fiume e salendo, salendo, allargandosi sempre più, la sommerge tutta quanta ed essa giace, come naufragata in questo mare di nebbia, che solo più tardi il sole e il calore diraderanno, disperderanno ... Più tardi! Quando voi entrate in città, e vi fermate attonito, sotto la porta della Gare de Lyon a guardare, la prima volta, quello che è Parigi, vi pare di trovarvi innanzi a una città di sogno, di visione, dai contorni vaghi, lontani, come altre volte nel sogno — o in una altra vita, forse?.... — voi l’avete veduta elevarsi, fra le ombre del vostro singolare miraggio. Sopra un fondo di un chiarissimo bigio, che è il cielo, sovra il fondo di un bigio meno chiaro che è l’aria, si disegnano mollemente, come in un sogno, linee di campanili, di cupole, di grandi case, linee leg-