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proprio temperamento, in una maniera fatale ed ineluttabile. E ne ho visto delle timide e audaci, insieme, perdere tutto quello che avevano portato, nella prima mezz’ora, e, dopo, guardando malinconicamente il giuoco altrui, pensare e indovinare colpi, che non potranno giuocare; ne ho visto delle sfrenate fare violentemente un giuoco formidabile, guadagnare moltissimo, perdere moltissimo, riguadagnare, riperdere, abbandonarsi ai salti mortali più pericolosi; e delle prudenti, meschine, arrischiar quasi nulla, guadagnar poco e paralizzarsi nella paura della perdita; e delle prudenti, sapienti, che aspettavano la vena, che si portavano via, mille, duemila franchi, alzandosi al primo colpo contrario, che indicava la fine della vena; e delle metafisiche del giuoco, diciamo così, che aspettavano un’ora, sedute, segnando sempre i numeri col loro lapis d’oro, prima di decidersi a giuocare; e, infine, quelle capricciose, incoerenti, ostinate, fortunatissime talvolta, sfortunatissime spesso, e per lo più tornanti a casa senza un napoleone, senza un pezzo da cinque franchi, quasi tutte, ahimè, dominate da un