imparato ad odiarli e a disprezzarli; hanno imparato (orribile cosa, ma pur troppo vera) hanno imparato dagli stessi cristiani a rinnegare la croce. La seconda colonia, Isabella, sorge faticosamente su una spiaggia insalubre. A questo punto comincia a svilupparsi l’intima, continua, invincibile contraddizione, che domina ed agita tutto questo gran dramma. Gli Hidalghi che lo avevano seguito, cercano oro e cavalleresche venture: i missionari vogliono battezzar neofiti, e punire eretici: re Ferdinando chiede tesori per le sue ambizioni europee. Colombo, che sente in sè la forza e il genio costruttivo d’un fondatore d’imperii. Colombo che scrivea a’ suoi, che ognuno è maestro a discomporre, ma a comporre pochi maestri si trovano, resiste e vince per un momento. Venuto tra popolazioni miti, deboli e viventi in fraterna comunione alle quali bisognava imporre la disciplina del lavoro; veggendosi in mezzo ad una natura ardente e potente, che bisognava domare, egli comprende che soltanto la fatica, l’esempio e la moderazione sono le armi d’una durevole conquista. E però frena l’impazienza sospettosa del clero, e costringe i cavalieri a lasciar la spada pei lavori agresti. Ma i cavalieri lavorarono fremendo, morirono di stento e di vergogna, e parvero vittime: ma i preti anatemizzarono la mollezza di Colombo verso i pagani, la sua durezza verso i cristiani: ma i selvaggi, liberi figli della natura, rifiutarono ogni servitù di lavoro. La guerra divenne perpetua necessità: una guerra di ferro e di fuoco contro turbe di selvaggi nudi e armati di canne; una guerra di pochissimi contro moltissimi, cui bisognava vincere col terrore, coll’orrore. Le popolazioni disperate fuggirono ai boschi, alle rupi inaccesse, si precipitarono verso una vita più selvaggia; gli Spagnuoli, perduto ogni pudore, ridussero ad una ferrea schiavitù coloro che non potevano contenere