pazienti, coraggiosi e sprezzatori del comune disprezzo si richiederanno, prima di poter ricondurre alla verità questa parte di storia, ormai incallita negli errori. E forse a quest’uopo avrebbero potuto giovare i consigli scientifici, i quali provocavano la revisione delle memorie municipali. Al congresso di Genova, per esempio, dovemmo l’ottima memoria del Canale sui navigatori liguri, e la storia del Pagano sulle colonie genovesi in Grecia, e le biografie di Cristoforo Colombo scritte dal Reta e dal Sanguinetti, oltre alcune altre minori dissertazioni su varii punti della sua vita (sul ritratto di Cristoforo Colombo e i Minoriti). Al congresso Veneziano dovemmo le illustrazioni sul mappamondo di frate Mauro, su M. Polo, sugli Zeni, e sulla antica marineria veneta. Ottimi auspícii d’una storia generale d’Italia, se, colla polvere degli archivi municipali, non si riattacchi agli studiosi quel miserabile partilo delle invidie, di cui troppo indizi trovai leggendo anche i libri più recenti intorno a Colombo. I Toscani per esempio, che già tanta porzione hanno, e tanta ne usurpano, nelle glorie italiane, facilmente parteggiano pel Vespucci; e una gentile poetessa di Pisa per amor patrio piglia a cantare una menzogna, l’Amerigo scopritore del nuovo mondo: e un eruditissimo fiorentino, non valendo a dimostrare che al suo compaesano si debba la scoperta dell’America, vorrebbe che l’umanità se ne professasse debitrice piuttosto al caso, che al genio del genovese Colombo. Ma per contro troppo acerbamente forse si sdegnano i Genovesi e i loro scrittori si arrovellano perchè il pecorame, come essi dicono, de’ forestieri vada a sgretolar una casipula di Cogoleto, ove per tradizione longeva venerano i popoli la culla di Colombo: e Cogoleto è pure un villaggio lontano da Genova poche miglia. Alcuni scrittori lombardi si piac-