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nessun dispendio doversi giudicare eccessivo per salvare le anime, ed illuminare i cuori dei selvaggi.

Queste cose io ricordai che potranno adombrare di lontano il carattere di Colombo. Poco mi resta a dire del suo ingegno, perchè non crediate che fosse uomo; di poche lettere, come invidiosamente scrisse un suo contemporaneo genovese. Di lui ci rimase un’operetta intorno al modo di usare la tavola navigatoria, e sappiamo ch’egli avea raccolto una ragguardevole libreria: e una lettera di un ambasciator veneto ci rivela che nel 1501 non era in tutta la città di Granada chi sapesse disegnare una carta geografica se non Colombo. Primo egli distinse col raffronto degli autori e delle carte la Thule di Plinio, di Tacito e di Solino (Isole Feroè) dall’Islanda, a cui i posteriori geografi avevano applicato lo stesso nome: primo egli scoprì la deviazione dell’ago magnetico, e cercò di rendersene ragione, e sospettò che in quel fenomeno avesse parte la temperatura, ciò che è confermato dalle recenti dottrine: primo egli spiegò la forma parallelepipeda delle grandi Antille colla persistente violenza delle correnti equatoriali: ipotesi a’ nostri dì rinnovata dall’Humboldt; e, infine, se crediamo all’Oviedo, primo egli introdusse e perfezionò l’uso dell’astrolabio di mare.

Nelle sue idee politiche è un misto di lealtà popolana e di esaltazione cavalleresca, che si rivela nel suo poetico affetto per la regina Isabella. Io cercai studiosamente nella sua vita di trovare qualche traccia di sentimenti repubblicani, che mi parevano non poter mancare in un uomo nato in mezzo alla genovese democrazia. Ma o che la disciplina marinaresca l’abbia educato a modi stretti ed assoluti o che gli uomini straordinarii apprezzino sovra ogni cosa il potere rapido e forte, a me non venne fatto trovare,