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circondò ed accompagnò il grande navigatore con un corteggio degno di lui; Amerigo Vespucci, che primo forse riconobbe nell’America un gran continente staccato dalle Indie, i due Cabotto veneziani e il fiorentino Verrazzano, che primi tentarono quel tragitto nordico, appena a’ dì nostri compiuto dal capitano Ross, e riconobbero tutte le coste del nuovo mondo dallo stretto boreale di Davis fino alla foce australe del Rio della Plata, per uno spazio di forse 6500 miglia; e quel portentoso Paolo Centurione che, uscito dalla patria stessa di Colombo, disegnò di riconquistare all’Italia l’antica via del commercio, perfezionando coll’arte i canali del Tanai, del Volga e dell’Oxo, che la natura sembra aver ravvicinati per rendere più accessibili le vastissime regioni dell’Asia centrale.

Per tal modo tutto le vie, che dall’Europa conducono all’India; quelle di terra per l’Egitto, per la Soria, per la Crimea, come quelle di mare girando all’Africa o spuntando l’estremità delle Americhe, vennero indicate, studiate, tentate, e in gran parte scoperte dagli Italiani; e non per fortuite navigazioni o per oscure correrie di pirati, o per raro ardimento di qualche avventuriere; ma sì per forza de’ maturi disegni, di deliberati intenti, di esperienze consociate e di longeve tradizioni.


IV.



Vedemmo di qual gente uscisse Colombo. Nutrito di forti tradizioni, iniziato fin dalla prima adolescenza agli studii cosmografici dell’Università Ticinese, crebbe in mezzo alle felici allucinazioni degli eruditi, che nei libri antichi cercavano profezie d’arcana sapienza; crebbe in mezzo alle ansietà d’un commercio, il quale,