fatti in Italia fossero così rapidi quanto i concetti.
Nel 1474, quando Colombo era ancora un oscuro pilota, che appena osava manifestare agli amici suoi l’alto pensiero, Paolo Toscanelli, celebre astronomo fiorentino, scriveva a Lisbona, consigliando il re Alfonso di tentar la via delle Indie per Occidente, ch’ei giudicava più breve e più agevole e più sicuro del giro della Guinea: e a Cristoforo Colombo, che lealmente il richiedeva di consiglio, scrisse due lettere mirabili, dalle quali mi piace recar questo brano: «Il viaggiare al Levante pel Ponente non solo è possibile, ma vero e certo, e di onore e di guadagno
inestimabile, e di grandissima fama presso tutti i Cristiani; nè voi lo potreste mai conoscere sì bene, quanto io, per la pratica che io ho avuta sicura e buona d’uomini illustri e di gran sapere venuti di detti luoghi nella corte di Roma, e di altri mercanti che hanno trafficato lungo tempo in quelle parti.» E queste idee del Toscanelli non dovevano essere rimaste un segreto; poiché un bell’umore, domestico, è vero, di Lorenzo de' Medici, ma che non era cervello da logorarsi in recondite astruserie. Luigi Pulci (morto cinque anni prima della scoperta dell’America) pose in bocca al diavolo una bizzarra profezia di vaste regioni in occidente e previde anche le principali obiezioni che teologi e cosmografi avrebbero potuto muovere alla nuova idea. — Né a caso egli scrisse: «che l’acqua in ogni parte è piana, benché la terra abbia forma di ruota; essendo il nostro globo; per divin ministerio sospeso fra le stelle, e nell’altro emisfero, come nel nostro, repressa ogni cosa al centro;» nè potersi dubitare che gli uomini di quell’incognita terra sieno della stirpe d’Adamo, e partecipi e coeredi della grazia celeste; poiché il «Divin Redentore non è partigiano, ripeto le parole proprie del Pulci, e chiamò