venturi, si assennerebbero coloro, che a far risorgere le glorie antiche, non temono tornare agli antichi errori. Fu destino d’Italia, che le sue glorie uscissero dalle sue sciagure: poichè quella strana complicazione d’opinioni e di forze, che nel medio evo l’aveva fatta riboccante di molteplice vita o infelicemente feconda di popoli diversi e sobbarcati alla mole di tutto l’edificio feudale e clericale della Cristianità, e sbranata dalle ambizioni, che altrove furono provvidamente unificatrici, e sviata ad ogni tratto da venerabili memorie, e assottigliata da intempestivi presentimenti, quella strana complicazione medesima, e le pressure dolorose che la accompagnarono, accesero le anime straordinarie, le quali si levarono su quelle età, come da tizzo tormentato per forza interna di fuoco e per forza esterna, che lo percuota, sprizzano roventi e impetuose le faville. Niuna nazione ebbe vita positiva più convulsa e confusa, niuna ebbe più libera e splendida la vita ideale. Lo sforzo vario e la lotta serrata di tante avverse attitudini non potendo spiegarsi nei fatti, si sviluppò ne’ grandi uomini, ciascuno de’ quali appar quasi una personificazione monumentale delle grandi idee, che nacquero tutte insieme, forti, armate, implacabili, e tutte si consunsero in una guerra mortale. Ma una gloriosa famiglia di esuli, di solitarii e di veggenti, uscendo dal tumulto delle feroci e pur troppo necessarie discordie, e purificando col pensiero quella ricchezza di passioni e d’energia, che nell’infanda lotta doveva profondersi indarno, vengono incontro all’avvenire a cercarvi la patria e la verità! E intorno ad essi, che furono la coscienza de’ loro tempi, naturalmente si ordina, meglio forse che intorno ai disgregati municipii ed alle instabili famiglie signorili, tutto il processo della storia italica; intorno ad essi rivivono le forti e irrequiete generazioni, che li educarono e