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CRISTOFORO COLOMBO
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Spesso, lettori, avrete voi pure pensato, maravigliando e dubitando, a quella contraddizione di giudizii singolarissima, per cui l’Italia talora è celebrata come maestra antica e naturale d’ogni civiltà, e talora compianta come immedicabilmente fantastica e destinata, per le blandizie del suo cielo, per la diversità de’ suoi popoli, e per la sua stessa disadatta giacitura, a lunghi ozii e a dissidj perpetui. E mentre v’ha chi ci grida stirpi dilombate ed anime svampate quasi sotto la sferza del sole meridionale, altri ci decreta pur tuttavia risolutamente l’universale primato, infeudatoci fin dai Pelasgi, dagli Etruschi e da Roma. E, a dir vero, la stessa provvidenza educatrice, con qual consiglio lo potranno forse argomentare i venturi, lasciò che su questa terra fatale si versasse luce più ardente, più varia e di più cieche tenebre avvicendata. Di che la tanta diversità dei giudizii e il trapassar facilmente dall’orgoglio alla viltà, anzi il congiungere le miserie dell’uno colle miserie dell’altra; e il rassegnarsi disprezzando, come di chi abbia vita immortale e non curi il tempo presente più che un’ombra fuggevole; e l’intricare ogni concetto con lungo strascico di memorie e con remotissime previsioni dell’avvenire. Codesto vacillamento di vasti e indeterminati pensieri toglie fermezza all’ingegno e nerbo alla volontà e ci fa andar curvi