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140 lettere autografe

Io sono restato così perso e disfatto. Io ho pianto fin qui per altri, che Vostre Maestà gli abbiano misericordia1. Pianga adesso il cielo, e pianga per me la terra nel temporale, che non ho sola una quattrina, per far offerta in spirituale. Io sono restato qua nelle Indie isole della forma che ho sopra ditta, isolato, in gran pena e infermo, aspettando ogni dì la morte, e circondato da innumerabili selvaggi pieni di crudeltà e nemici nostri; e così lungi da Sacramenti della Santa Madre Chiesa, che credo si smenticherà questa anima, se del corpo esce fuora. Pianga per me chi ha carità, verità, o giustizia. Io non venni a questo viaggio a navigare per guadagnare onore nè roba: questo è certo, perchè la speranza era del tutto già persa; ma vi venni per servire a Vostre Maestà con sana intenzione e bon zelo di carità: e non mento. Supplico a Vostre Maestà che, se Dio vuole che possa di qua salirmi, che mi vogliano concedere, e abbiano per bene che io vada a Roma e altre peregrinazioni. Cui e vite e alto stato la Santa Trinità conservi e accresca. Data nelle Indie nella isola di Ianaica a 7 di Iulio del 1503.



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  1. L’Herrera, riportando questo passo, scrive così: «Invocava oltre a ciò il Cielo e la Terra perchè piangessero sopra di lui, dicendo: Io ho pianto fin qui: abbia misericordia il Cielo, e pianga per me la Terra, pianga per me chi sente carità, verità e giustizia.» Non per questo io m’induco a credere che il traduttore italiano le parole del Colombo alterasse, le quali colle precedenti e seguente stanno bene abbastanza: anzi l’Herrera scrivendo che Colombo invocava anche il Cielo a piangere sopra di sè, autorizza la traduzione italiana; siccome dà a vedere che espressioni discontinuate ha egli insieme congiunte.