Pagina:Lettere autografe Colombo.djvu/152

128 lettere autografe

giornata. Io ben credo che un’altra di altro sapere li aspetti: ovvero nostra Fede è nulla.

A’ tredici di Maggio aggionsi nella provincia di Mago, la qual parte con quella del Cataio; e di quivi mi partii per la Spagnola. Navicai due dì con tempo bono, il qual di subito mi si voltò contrario. Il cammino che io faceva era per disimbrattarmi di tanto numero di isole, e non imbarazzarmi nelli loro bassi. Il mar bravo mi fece forza, dove mi fu forza ritornare addietro senza vele. Sorgetti in una isola, dove tre ancore in una fiata persi, e alla mezza notte, che pareva che il mondo facesse fine, si ruppeno le gomene all’altro naviglio: e fa maraviglia come non si facessino in pezzi tutti due, perchè l’uno venne addosso all’altro con grande impeto: Dio ne aiutò. Una àncora sola fu quella che mi sostenne, da poi del Divino ausilio. In capo di giorni 6, che era già fatto bonaccia nel mare, tornammo al nostro viaggio così con li navigli, tali quali erano, da vermi mangiati, e tutti foracchiati però più, che uno panaro di ave che fanno il mele; e la gente fatta di così poco animo, che quasi erano persi. Passai non molto innanzi di quello avea fatto prima, dove la fortuna mi ritornò a dietro: ritornai nella medesima isola in porto più sicuro: in capo di otto giorni tornai alla via medesima. In fine di Giugno aggionsi a Ianaica, sempre con venti traversevoli, e li navigli in peggior stato: con tre bombe tine e caldere, con tutta la gente, non poteva revincere l’acqua che nella nave intrava, nè vi era altra cura o remedio di questo. Messimi nel cammino per venire tutta fiata, approssimando alla Spagnola, che sono 28 leghe; e non vorria avere cominciato. L’altro naviglio scorse a trovar porto, quasi annegato. Io volsi contrastare la volta del mare; il naviglio sì mi annegò, che miracolosamente Iddio mi