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di cristoforo colombo 119

Maestà, come giusti e non ingrati Principi, gli restituisse con accrescimento.

Arrivai ad una terra, Cariai nominata, dove qua mi restai a rimediare le navi, e ogni preparamento necessario, e dare riposo alla affannata gente, qual per la longa fatica era già venuta manco: e io insieme con loro si riposammo quivi. In questa terra intesi nuove delle minere di oro della provincia di Ciamba così ditta, la qual io andava cercando. Quivi tolsi due uomini della loro nazione, quali mi menarono ad un’altra terra, chiamata Carambarù; dove le genti vanno nude, e portano al collo un specchio di oro, il quale per nissun modo vogliono vendere, nè barattare. E in questo luogo mi nominarono in loro lingua molti altri luoghi alla costa del mare, dove mi diceano essere grande oro e minere, lo ultimo luogo era Beragna ditto, lungi da lì 25 leghe. Per la qual cosa mi partitti di qui con animo di cercarli tutti; e quasi che era aggionto al mezzo, intesi come a due giornate di cammino vi era minere di oro, e deliberai mandarle a vedere. Il vespero di Santi Simon e Giuda, che avevamo da partire, in questa notte si levò tanto mare e vento, che fu necessario di correre dove lui volse: e quelli due uomini sempre venneno con me per mostrarmi le minere.

In tutti questi luoghi, dove io era stato, trovai essere verità tutto quello aveva inteso: e questo mi certificò che fusse la verità della provincia Ciguare ditta, quale secondo loro è distrutta, ed è nove giornate di cammino per terra verso Ponente. Lì affermano che sia infinito oro, e mi dicono che portano corone di oro in testa, anelli alli bracci e alli piedi ben grossi di oro; e che di oro le careghe, casse, tavole forniscono e fodrano, come noi altri facciamo di ferro. Ancora mi disseno che le femmine di