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lettere di santa caterina 47

mezzo del Verbo unigenito suo Figliolo, e il Figliuolo c'e l'ha manifestato col mezzo del sangue suo. Onde nel sangue cognosce l’uomo l’amore che Dio gli porta, e il suo proprio miserabile male. Perocché la colpa è quella che conduce l’anima alle miserabili pene eternali. E però è solo il peccato quello che è male, il quale procede dal proprio amore:

perocché veruna altra cosa è che sia male, se non questa. E questo fu cagione della morte di Cristo. E però dico che nel sangue cognosciamo il sommo bene dell’amore che Dio ci ha, e il miserabile nostro male; perocché altre cose non sono male, se non solo la colpa, come detto é. Onde né tribolazioni né persecuzioni del mondo non sono male; né ingiurie, né strazii, né scherni, né villanie, né tentazioni del dimonio, né tentazioni degli uomini, le quali tentano i servi di Dio; né le 1 tentazioni, né le molestie che dà l'uno servo di Dio all’altro: le quali Dio tutte permette per tentare, e per cercare 2 se trova in noi fortezza e pazienzia e perseveranzia infino all’ultimo; anco, conducono l’anima a gustare il sommo ed eterno Bene. Questo vediamo noi manifestamente nel Figliuolo di Dio, il quale essendo Dio e uomo, e non potendo volere veruno male, non le averebbe elette per sé; che tutta la vita sua non fu altro che pene e tormenti e strazii e rimproveri!, 3 e nell’ultimo l’obbrobriosa morte della croce:

  1. La stampa, queste due ultime volte, pone nelle; e intorbida il senso, e toglie una bellezza di verità. Numerate diverse altre tentazioni, Caterina ne soggiunge una più grave che quelle del diavolo, e quelle degli uomini in genere, e specialmente de’ non buoni; dico quelle che si danno fra loro i servi di Dio.
  2. Usa nel vero suo senso la parola tentare, e la spiega. Tobia: «quia dilectus eras Deo, necesse fuit ut tentatio probaret te».
  3. Rimprovèrio anco in Dante: e più si accosta a improperio.