Pagina:Lettere - Santa Caterina, 1922.djvu/296


lettere di santa caterina 281

CXXVIII. — A Gabriele di Divino Piccolomini. 1

Perseveranza. La vita è battaglia. La carità sia corazza; la sopravvesta s’invermigli nel sangue di Cristo. Chi si veigogna di tale insegna e non delle terrene viltà, è vano e vile. Spada a due tagli sia l’amore del bene e l’odio del male, il conoscimento della piccolezza nostra e della grandezza di Dio. Nella croce, vittoria. Accennasi alla crociata.

Al nome di Gesù Cristo crocifìsso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de’ servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti costante e perseverante nella Virtù sì e per sì fatto modo, che non volla mai il capo addietro; però che in altro modo non potresti esser piacevole a Dio, ne riceveresti il frutto del sangue dell’umile e immacolato Agnello. Perocché solo la perseveranzia è quella che è coronata. Adunque ci è di necessità la perseveranzia. E se tu mi dicessi, carissimo figliuolo: «In che modo posso avere questa costanzia e perseveranzia, conciosiacosa che io abbia molti contrari e molti nemici2 attorno, cioè il mondo e le creature3 con molte persecuzioni, ingiurie, e mormorazioni, e la propria mia sensualità, che spesse volte mi repugna, e ribella contra la ragione?» Rispondoti, che in nessuno modo

  1. Famiglia di fama, più che senese, italiana; che diede due papi, quattro cardinali, arcivescovi quattordici, ventuno vescovi, venti generali d’eserciti, e principi e duchi parecchi; e dieci beati. Gabriele fu pio, discepolo a Caterina; e così il figliuolo di lui Giovanni, che, fattosi domenicano, ebbe titolo di Beato.
  2. Non ogni contrario è nemico.
  3. Il mondo è non solo la parte dell’umana società meno indirizzata alle cose più richieste dalla dignità vera umana, ma anche il viluppo di queste medesime cose. Le creature, gli uomini in genere (che con le stesse buone qualità loro, da noi mal usate a mal intese, risicano di sviarci), e tutti gli oggetti esteriori, innocenti per sé, che ci tentano, perchè noi ne facciamo tentazione a noi stessi.