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lettere di santa caterina 275

te;1 e seguiteremmo le vestigio sue, non senza il giogo della vera e santa obedienzia dell’Ordine.

Di questo non dico,2 perocché se egli volesse, io non vorrei; ma di fuore da questo, me ne doglio non per me, ma per l’offesa che è fatta alla perfezione dell’anima; perché verso di me fanno bene. Perocché mi dà egli e gli altri materia di cognoscere la mia ignoranzia e ingratitudine, di non avere cognosciuto, né cognosca3 il tempo4 mio e le grazie ricevute dal mio Creatore. Sicché a me fanno aumentare la virtù. Ma non ho voluto tacere, perocché la madre è obbligata di dire a’ figliuoli quello lor bisogna.5 Parturito è stato egli, e gli altri con molte lagrime e sudori; e parturirò infìno alla morte, secondo che Dio mi darà la grazia in questo tempo dolce della sollicitudine6 data a me e a questa povera famigliola della prima dolce Verità. E pare che di nuovo voglia che si fornisca la navicella dell’anima mia, ricevendo solo la satisfazione del mio Creatore, con l’esercizio di cercare e cognoscere la dolce Verità, con continue mugghia7 e orazioni nel cospetto di Dio per la salute di tutto quanto il mondo. Dio ci dia grazia, a voi e a me, e ad ogni persona, di farlo con grande sollicitudine.

  1. Vangelo: «Paratus sum in carcerem et in mortem ire».
  2. Pare sia guasto. Intendesi da quanto segue, che avrebbe a dire a un di presso cb’ella non parla per sé; e accenna forse a un tale di cui non aveva a lodarsi.
  3. Sottinteso: e che io non conosca. Come se avesse prima detto: ch’io abbia conosciuto.
  4. Nel linguaggio biblico, la missione da consumarsi nel tempo,l’opportunità dell’adempierla.
  5. La stampa: bisogno.
  6. La stampa: sollecitudine, che non so se abbia a correggersi solitudine.
  7. Come urla plurale. Salmo: «rugiebam a gemitu cordis me». Ogni suono cupo suol dirsi mugghio.