Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
272 LETTERE DI SANTA CATERINA
CXXVI.- A Monna Alessia e a Monna Cecca 1
Mancasi alla perseveranza non solo rivolgendosi ai falsi beni abbandonati, ma non più amando con la debita intensità il bene vero, o allentando l’amore verso i prossimi, tra l’altre cagioni, per dicerie e per assenza. Di questo si duole per sé; ma dalle altrui ingiustizie deduce occasione a voler fare, Dio aiutandola, sempre migliore sé stessa.
Al nome di Gesù Cristo crocifisso’ e di Maria dolce.
Carissime figliuole in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi costanti e perseveranti nelle virtù per sì fatto modo che non volliate mai il capo a dietro a mirare l’arato. Il quale mirare s’intende in due modi: l’uno si è quando la persona è uscita dal fracidume del mondo, e poi volle il capo col diletto della propria volontà, ponendo l’occhio dell’intelletto sopra di loro. Costui non va innanzi; anco, torna indietro verso il vomito, mangiando quello che prima aveva vomitato. E però disse Cristo che neuno si debba voliere indietro a mirare l’arato; cioè non vollersi a mirare le prime delizie, ne ragguardare alcuna operazione fatta perse medesimo;2 ma ricognoscerla dalla divina bontà. Sicché dunque debbe andare innanzi con la perseveranzia delle virtù, e debbe non vollersi in dietro, ma dentro nel cognoscimento di sé medesimo, dove trova la lar-
- ↑ Senese, de’ nobili Saracini. Vedova, diede il suo a opere di pietà; si fece Mantellata, e discepola e compagna fidata di Caterina, la quale, morendo, affidò a lei la sua spirituale famiglia. Cecca o Francesca, vedova di Clemente Gori senese, ebbe tre figliuoli, domenicani, morti in età giovani, maturi in virtù, e la figliuola Giustina monaca in Montepulciano. Morì nel 1383 in Roma, lasciando il suo alla figliuola, un grosso legato ai Domenicani di Siena, e quattro fiorini d’oro a Fra Tommaso della Fonte confessore della vergine amica sua.
- ↑ Anco il gloriarsi del bene fatto può essere colpa grave, forse più grave del compiacersi ne’ falsi beni terreni.