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14 LETTERE DI SANTA CATERINA


gnoscimento di te; nella quale io voglio che tu apra r occhio del cognoscimeoto con affettuoso amore: trapassi nella cella, e vattene a letto, nel quale letto è la dolce bontà di Dio che trovi in te, cella. ^ Bene vedi tu che l’essere tuo t’è dato per grazia, e non per debito. Vedi, figliuola, che questo letto è coperto d’uno copertoio vermiglio tutto nel sangue dello svenato e consumato Agnello. Or qui ti riposa, e non ti partire mai. Vedi che non hai cella senza letto, ne letto senza cella; ingrassi l’anima tua in questa bontà di Dio, perocché ella può ingrassare. Che in questo letto sta il cibo, la mensa, il servitore. Il Padre t’è mensa, il Figliuolo t’è cibo, lo Spirito Santo ti serve, e esso Spirito Santo fa letto di sé. ^ Sappi che se tu volessi pure stare a vedere te medesima con grande confusione, perché ^ tu vedessi la mensa, il letto apparecchiato, e in esso cognoscimento noi participeresti, né riceveresti il frutto della pace e quiete sua; ma rimarresti senza, e sterile senza neuno "frutto. Adunque io ti prego per r amore di Cristo crocifisso, che tu permanga in questo dolce e glorioso letto di riposo. Son certa che se tu t’annegherai nel sangue, che tu il farai. E però dissi ch’io desideravo di vederti ba1 Bello che l’infinita bontà del bene infinito, l’anima la ritrovi dentro di?è, e la ritrovi nell’atto di sentire le sue proprie angustie. Più bello che nel Petrarca: «Qual cella è di memoria, in cui s’accolga Quanta vede virtù,, quanta beliate, Chi gli occhi mira, d’ogni valor segno, Dolce del mio coi’ chiave?» 2 II contrapposto in altezza, di quel di Dante: «Faccian le bestie fìesolane strame Di lor medesnie. — Ha fatto alla guancia della sua palma.... letto.» Ma come il Padre sia mensa non s’intende; quand’altri non dica che, siccome la scienza regge e pare che offra il necessario alla vita, così la potenza di Dio all’opere nostre. -3 sta per benché.