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lettere di santa caterina 167

de’ virtuosi,1 e con dolore di quelli che giaciono nella morte de’ peccati mortali, sostenenendo con vera pazienzia gli scandali, le infamie e le mormorazioni loro, le quali danno a noi; non ritardando per alcuna cosa l'orazione, e affocato desiderio, fame e sollicitudine della salute loro. Allora si conforma l’anima con Cristo crocifisso, mangiando questo cibo in su la penosa e ansietata croce del desiderio di Cristo, che fu maggiore e più penosa che quella del corpo. Dico che vuole gli sia data ancora fadiga corporale; e questo è quando ci affadighiamo corporalmente in servizio del prossimo, servendo di qualunque servizio si sia, patendone noi disagi e pene corporali. E alcuna volta Dio permette, che sosteniamo da loro delle percosse, e fame e sete e molta persecuzione; siccome facevano i santi martiri, che sostenevano pena e grandi tormenti. Ma egli è tanta la nostra imperfezione, che noi non siamo ancora degni di giugnere a tanto bene, quanto è essere perseguitati per Cristo.

Or per questo modo dunque doviamo dare la fadiga al prossimo, e l’onore a Dio, e fare adoperare 2 ogni cosa a gloria e loda del nome suo: perocché altrimenti le fadighe nostre non porterebbero frutti di vita, ma in questa vita gusteremmo l’arra della morte eternale. In Dio concepete l’amore, in cercare l'onore suo e la salute dell’anime; e nel prossimo si prova l'amore conceputo, nella virtù della pazienzia.

Oh pazienzia, quanto sei piacevole! oh pazienzia, quanta speranza dai a chi ti possiede! o pazienzia, tu sei reina, che possiedi, e non se’ posse-

  1. De’ in senso di per i, sopra i; simile al de latino.
  2. Operare, e fare ch’altri operi. Ma forse il testo è scorretto.