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148 lettere di santa caterina

all’obbrobriosa morte della croce. In su questo arbore si volle innestare questo Verbo incarnato; e non l'ha tenuto né chiodi né croce, ma l’amore, perocché non erano sufficienti a tenere Dio-e-Uomo. Egli è quello dolce maestro ch’è salito in cattedra ad insegnarci la dottrina della verità, la quale l’anima che la seguita non può cadere in tenebre. Egli è la via onde noi andiamo a questa scuola; cioè a seguitare le operazioni sue. Così disse egli: «Io son Via, Verità e Vita». E così è veramente padre; perocché colui che seguita questo Verbo, per ingiurie, per strazii, per scherni, con obbrobri, pena e tormenti, con la vera e santa povertà, umile e mansueto a sostenere ogni ingiuria e pena, con vera e buona pazienzia,1 imparando da questo Maestro che n’è via, perché egli l’ha fatta, e tenuta2 osservata in sé medesimo, rende ad ogni uno bene per male: e questo è la dottrina sua. Bene vedete con quanta pazienzia egli ha portato e porta le nostre iniquitadi, che pare che faccia vista di non vedere: benché quando verrà il punto e il termine della morte, allora mostrerà ch’egli abbia veduto, perché ogni colpa sarà punita, e ogni bene sarà remunerato. Odi3 grande pazienzia! che non ragguarda all’ingiurie che gli sono fatte in su la croce; onde il grido de’ Giudei, che dall’uno lato gridano crucifige, e dall’altro, che egli discenda dalla croce, e egli grida: «Padre, perdona». E

  1. Non ogni pazienza è buona. Patire il male è farsene complice: patire per non sapere o non osare togliere da sé e da altri le cagioni del dolore, può essere inerzia infingarda e vile: patire fremendo o gemendo senza trarne con l’intenzione (non potendo coll’opere) occasione di bene, non ha merito alcuno.
  2. Forse e osservata.
  3. Così a modo d’esclamazione diciamo: senti!