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lettere di santa caterina 147

CI. — A Giacomo Cardinale degli Orsini. 1

Consiglia umiltà, alla quale sia ragione il e cognoscimento della propria pochezza: consiglia pazienza e perdono. Pare che presentisse le ribellioni prossime, e le ambiziose mire dell’Orsini, che fomentarono le discordie sacerdotali.

Al Dome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce,

A voi dilettissimo e carissimo padre in Cristo Gesù, io Catarina serva e schiava de’ servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo: con desiderio di vedervi legato nel legame della divina e ardentissima carità. La quale carità mosse Dio a trarre noi di se medesimo, cioè, dalla sua infinita sapienza, perché godessimo e participassimo il sommo bene suo. Egli è quello legame che, poiché l'uomo perde la Grazia per lo peccato commesso, unì e legò Dio nella natura umana, e ha fatto uno innesto in noi; perocché se la vita s’è innestata nella morte; sicché noi morti abbiamo avuta la vita per l’unione sua. E perché Dio fu innestato nell’uomo, Dio-e-Uomo2 corse, come innamorato,

  1. Iacopo Orsini, cardinale diacono del titolo di San Giorgio in "Velo d’oro o Velabro, figliuolo al Conte di Nola, ebbe il cappello nel 1371; e andando in Avignone, passò a’ dì 13 d’ottobre da Siena, dove avrà forse veduta Caterina. Morto Gregorio, dalla brama dei Romani d’avere un papa de’ loro, concepì speranza del soglio pontificalo. Forse non tanto l’età sua fresca quanto il non voler i cardinali francesi cortigiani darla in tutto vinta agli Italiani, e al popolo segnatamente di’ Roma, fece che l’elezione cadesse nell’arcivescovo di Bari. Il quale fu coronato da esso Orsini, come toccava allora al diacono più anziano tra’ cardinali; e poi né apertamente rinnegato ne bene riconosciuto. Morendo nell’agosto del 79, disse che a lui sarebbe papa legittimo chi fosse approvato da un Concilio universale: ma ben doveva egli sapere se legittima fosse l’elezione d’Urbano. Se non che, confessando i Francesi d’esservi stati costretti dalla paura, l’Orsini credeva non poter entrare nella loro coscienza, né discredere alla loro viltà da essi medesimi professata. Con ciò forse egli faceva inganno a se stesso.
  2. Non appone l’articolo a uomo perché fa di Dio ed uomo una parola e una persona; come noi diciamo Uomo-Dio.