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lettere di santa caterina 139

XCVIII. — A Frate Tommaso della Fonte dell’Ordine de’ Predicatori in Siena.

Vincere il proprio volere. Dal lume dell’intelletto e dall’affetto del cuore viene la forza. Piacere e dolore, mezzi di bene. All’anima altrui non si giova senza dolore.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo padre in Cristo dolce Gesù. lo Catarina, serva e schiava de’ servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi spogliato di voi pienamente, acciocché perfettamente vi troviate vestito di Cristo crocifisso. E pensate, padre mio dolce, che tanto ci manca di lui, quanto ci riserviamo di noi. Quanto doviamo dunque diradicare da noi ogni propria volontà, e ucciderla1 e annegarla, poiché ella è cagione di privarci di tanto liceo vestimento! Il qual illumina l'anima, infiammata e fortificata. Illuminandola della verità eterna, gli mostra che ciò che ci addiviene in questa vita, è per nostra santificazione, e per farci venire a virtù: infiammala di desiderio affocato in fare grandi fatti per Dio, e di dare la vita per onore di Dio e salute dell’anime; e fortificala, perocché non è lume né fuoco senza fortezza. Perché il lume e l’amore portano ogni grande peso: la guerra, la pace, la tempesta,2 la bonaccia: e tanto gli pesa la mano ritta quando la manca, 3 tanto l’avversità, quanto la prosperità, perché. da una

  1. Di piante, il Petrarca: «Il sol uccide i fiori e l'erba».
  2. La stampa: e la tempesta. Forse diceva: la guerra e la pace, la tempesta e la bonaccia.
  3. Bello che l’avversità corrisponda alla man ritta, la prosperità alla manca; come agli antichi il tonare da manca era fausto. È bellissimo il paragone delle due mani; che piacere e dolore sono strumento di bene, e parti vive della medesima vita; e, come dice il proverbio, una mano lava l’altra, e tutte e due il viso.