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122 lettere di santa caterina

la vita! E questo vedendo l’anima nel modo detto, si veste d’amore e di perfetta umiltà: la carità trova e gusta nella bontà di Dio, vedendola 1 in sé medesima partecipare con molti doni e grazie, le quali ha ricevute e riceve continuamente.2 Nel cognoscimento di sé e del peccato, che trova per la legge perversa, che ha in sé (che ha ribellato e ribella al suo Creatore), sì concepe un odio e dispiacimento verso questa sensualità; e nell’odio trova una pazienzia, la quale pazienzia il fa foite a sostener pene, scherni, villanie, fame, sete, freddo, caldo, tentazioni e molestie dal dimonio. Schifa e fugge il mondo con tutti e’ diletti suoi: e nascene una vena d’umiltà, la quale è balia e nutrice della carità. E però porta con tanta pazienzia; perché la carità, amore ineffabile, Ha trovata la balia sua, cioè l’umiltà, il servo3 dell’odio di so, che per amore la serve con perfetta pazienzia. Esso fa vendetta e giustizia4 de’ nemici della divina carità; ed e’ nemici suoi sono questi. Amore proprio il quale

  1. Vedendo ch’ella in sé partecipa della divina carità; e le grazie ch’ella riceve da Dio sono insieme di ciò effetto e segno.
  2. Trova la carità nel cospetto di Dio, cioè nel meditare i suoi benefizi, e collocarsi dinanzi a lui per contemplarli e pregare. E trova essa carità nel cognoscimento di se, cioè delle proprie miserie che le l’anno sentire la necessità e la grandezza del soccorso avuto e da avere. Ha già insegnato più volte che da umiltà carità.
  3. Il modo solito: Iodio di sé, c’hè servo all’amore del perfetto. La balia dà il latte e pota; la nutrice prende, non solo dell’alleviamento ma de’ principii dell’educazione, cura più assidua e intelligente. L’umiltà non dà solamente il cibo all’amore, ma lo regge e lo svolge: perché gli accresce le ragioni dell’essere quel che gli è; e lo fa ascendere in alto. L’odio di sé, cioè il cognoscimento delle imperfezioni proprie, il quale tarpa la stima soverchia de’ pregi, non è che una parte infima dell’umiltà: e però è detto servo in questo ragionamento sapiente, che vela di figure la dottrina dell’anima.
  4. Impone a essi la pena debita all’errore (e questo vale vendetta); e anco prima che errino, li giudica con giustizia, riguardando la ragione da’ loro pericoli.