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LETTERE

ch’à mia salute risplenda, anzi ostinatamente mi segue, un’ombra oscura, e folta, colpa di cui rimangono gli occhi miei miseramente ciechi; e se pur m’è conceduto alcuna volta di veder lungi dal vostro lume, io credo, che questo m’avvenga, per maggior mio male, come quegli, che da voi diviso, non posso veder cosa, che non m’annoi. S’io veggo un’allegra campagna, m’attristo, s’io veggo un verde prato mi turbo, perche ’l verde è color di speranza, & à me misero è tolto lo sperare, o sia, perche hò posto i miei pensieri tropp’alto, o pure, perche lontano da voi, che siete ogni mia speranza, io non hò che sperare; ma se non mi si concede speranza, mi si conceda preghiera. Siami lecito di pregare la mia possente, e chiara stella à perdonarmi. S’io spinto da soverchio dolore, forse troppo ardito querelandomi, hò fatto men bello, il sereno di sua chiarezza, vaglia la purità dell’intentione, dove manca il dover dell’effetto, e per gratia, tallhora non errante, comparta sopra ’l languido del mio volto, il benigno della sua luce, che rischiarandosi l’oscuro delle mie miserie, chiamerò lei pietosa, e me felice.


Del prender moglie.


S

E ’L Troiano Alessandro disprezzò e Regni, e sapere per la greca bellezza, egli fù à mio giuditio giuditiosissimo giudice, che se à me fosse dato in sorte di far acquisto in simil modo della bellezza vostra, io vorrei disprezzar per voi le scienze


della