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D’ISABELLA ANDREINI. | 22 |
l’ardire, che havete havuto di scrivermi, non voglio dir altro, parendomi, che sia stata un’audacia degna non meno di silentio, che di riso.
Della forza d’Amore.
Obligo, ch’io tengo ad Amore, per havermi acceso di così nobil fiamma, e per havermi fatto servo di così rara bellezza, com’è la vostra (gentilisima Signora mia) è incredibile, non meno che sia indicibile il suo valore, il qual è così grande, ch’è solo a se medesimo eguale. Amore è non meno potente, che savio, e non men savio che buono, & è veramente il primo frà gl’Iddij, i quali conoscono, e confessano anch’essi la sua invincibil possanza: possanza, che in Cielo, in Terra, nel Mare, e nell’Inferno è più d’ogn’altra temuta: Ma s’Amore è possente, non meno è possente la vostra bellezza, poich’ella non men d’Amore in ogni parte comanda, anzi che la vostra bellezza è quella che sola può superar Amore, poich’egli nasce dalla bellezza, & egli stesso non è altro, che un desiderio di bello. O me felice dunque, poiche da due cagioni così belle, e così potenti l’amoroso mio stato deriva, e molto più felice posso chiamarmi, essendomi dato dal Cielo in sorte di conoscer la mia felicità. Conosco, che la bellezza vostra, & Amore m’hanno di più, ch’io non merito fatto dono, e conosco similmente, che sol Amor, e Bellezza mantengono, con letitia tutte
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