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LETTERE

se ch’i non debbia mai scuotermi da così lungo sonno? se ciò pensate, pensate male. Vi servij volontieri, e di cuore mentre vi piacque la mia servitù: ma hora che chiaramente conosco, che per disprezzarmi, e che perche ’l Mondo di me si rida, mi comandate cose (sapete ben voi quali sono) che tutte mi tornano in dishonore, non sia vero, che più vi serva, che non voglio servire chi non vuol esser servita, non voglio esser servo di chi non mi sà esser signora. Benche nella vostra lettera non si specifichi quel particolare, che m’hà fatto risolvere, non v’è però nascosto: à bocca già me ’l diceste. Sarei ben privo di giuditio, s’io non mutassi vita, havendo voi mutato pensiero. Sarei ben affatto privo di senno, s’io volessi comperar il pentimento con la servitù. Le ingiurie con le ingiurie al parer mio pagar debbono, voi mi odiate, voi mi sprezzate, & io cercherò di rendervene il contracambio, ilche tanto più mi sarà facile, quanto ch’io ’l farò con ragione. Non mi si dovrebbe eterno biasmo, non che severissimo gastigo, s’io facessi, che la giusta vendetta rimanesse inferiore all’ingiusta offesa? certo sì. Dunque conosca il mondo, che chi seppe ardentemente amare, saprà ancora crudelmente odiare. Imparerò à incrudelir da voi, e farò ogni sforzo per superarvi nella crudeltà, mirate in altrui quel che vi pare, ch’anch’io guarderò quel che mi piacerà. Era forse vostro pensiero, ch’io per vedermi da voi odiato furioso contra me stesso dovessi darmi disperatamente la morte per accrescer misere spoglie al carro della vostra dispietata fierezza? Pensaste voi, ch’io volessi provare, se piaga di


morte