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D’ISABELLA ANDREINI. 8

vo in me stessa, che l’ira è cote dell’ira, e così adirata fulminando ricorro sovente allo specchio, e quivi fisamente per buono spatio mi guardo non con quella intentione, che ’l divino Amante comanda, ilqual vuole, che l’adirato si guardi nello specchio, perche vedendosi fatto diforme s’astenga dall’ira; ma io vi vò per maggiormente adirarmi con voi crudele, ilche facilmente conforme al desiderio mi succede, perche vedendomi, colpa vostra, fatta diforme, giustamente l’ira s’accende, e con la sua forza discaccia tutto ’l fuoco d’Amore. Pensate forse, che se à voi non duole il perder una donna, essempio di fermezza, e di fede, come sono stata io, ch’à me debba dolere il lasciar un’ingrato essempio d’incostanza, e d’infedeltà uscendo di servitù? Il mio nascimento è stato certezza della mia morte, e ’l mio amarvi doveva esser certezza d’ogni mia sventura. Egli è pur vero, che molto più offendono le carezze de i finti amici, che le ferite de i veri nemici. Egli è pur vero, che non è cosa, che più inganni, che ’l finger il contrario di quello, che si desidera; che maraviglia è dunque, se odiandomi, e desiderando il mio male fingendo d’amarmi, e di voler il mio bene, m’havete ingannata: che maraviglia, se m’havete tradita, se non è huomo così prudente, che possa guardarsi da traditori domestici? ma, se colui, che inganna, e tradisce dee aspettar sempre la punitione (conciosiacosache ogni errore ha il suo castigo col tempo) non isperate d’andar invendicato di così grave offesa. Intanto siate certo, che, se voi vi siete allontanato dall’a-


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