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LETTERE |
gioni, l’uccellare, & altri trattenimenti io fò anche all’amore; ma in modo tale, che amando non provo se non piacere. Non dò io tanta forza ad Amore, ch’ei possa far serva la mia libertà, nò, nò, e per qual si sia laccio, ch’egli contra m’ordisca quand’i’ voglio liberarmene me ne libero, e non và il potere lontano dal volere. Qui termino lo scrivere; ma non già il pregarvi ad accettar i miei inviti, dei quali, se vi piacerà godere, sò, che ve ne troverete tanto contento, che vi dorrà di non havergli gustati prima, e che pregarete il Cielo, che mai da loro non v’allontani.
Del medesimo.
L nome della Morte (crudelissima giovane) più non mi sembra orribile, e non ha più forza di spaventarmi, perche ’l minimo di quei dolori, che per voi m’han fatto così languido è molto maggiore, e molto peggiore dell’istessa Morte. Questi occhi miei per voi versano tante lagrime, e tanto mi veggo molle di pianto il viso, e ’l seno, ch’io stò d’hora in hora attendendo, che l’infelice cuor mio si distilli per gli occhi. Consigliato da gli amici, lasciai la Città, e me ne venni in Villa, sperando per quello, ch’essi m’havean detto, che questi colli, questi alberi, queste fonti, questi boschetti, questi fiumi, questi uccelli, e ’n somma tutte queste delitie esser mi dovessero d’alleviamento al male: ma m’è avvenuto tutto al contrario. Altri s’allegra vedendo rider i prati, senten-
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