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LETTERE

Della servitù infruttuosa.


N

E GLI sdegni del vostro cuor mutabile, e ’ncostante, che d’Amor continuamente si ride, e sprezza il suo potere, ne ’l conoscer d’haver io locato tropp’alto il mio pensiero, ne ’l mirar la mia morte scritta nel vostro volto, ne ’l veder la Nave della mia vita nell’ampio mare della vostra bellezza, vicina à spezzarsi nelle sirti della vostra crudeltà, nè quei tormenti, nè quei noiosi pensieri da i quali continuamente son’agitato, nè quella fiamma vehemente, che mi consuma, nè ’l pianto inutilmente sparso, nè l’essermi conteso lo splendore de’ vostri sguardi, potran mai fare, ch’io mi rimanga d’amarvi: perche troppo dolci sono le fiamme de’ bei vostri occhi, troppo cari i nodi di quelle bionde chiome, troppo soavi le ferite di quella candida mano, mano guerriera, e invitta; e finalmente troppo mi piace il perder la libertà per quelle parole incantatrici di questi miei spiriti. Non vi sia dunque discaro l’amor mio gentilissima Signor, poiche non amarvi non posso: e chi può far contrasto alla forza di quegli occhi, di quelle chiome, di quella mano, e di quelle parole? vostro mi fecero gli occhi vostri, le vostre chiome, le vostre mani, e le vostre parole, e vostro mi terranno eternamente.


Dello