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LETTERE

tempo presente, nè di speranza per quello, c’hà da venire. Non sapete voi, che l’huomo savio non dee temer di niuna cosa? non sapete, che l’huomo prudente non ha da ricever legge dalla Fortuna: ma ha da darla a lei mettendosela sotto a’ piedi? Voi, che sempre siete stato giuditiosissimo, dovereste così nella sorte avversa, come nella propitia tener il volto allegro, e non meno del volto il cuore. Sol tocca al giuditioso combatter con la bestialità della Fortuna. In somma io vi riccordo, che tanto è misero l’huomo quant’egli si reputa, e qui finisco baciandovi le mani, e pregandovi da Dio il colmo d’ogni prosperità. State sano, & amatemi.


Del consolarsi nelle cose avverse.


D

I grandissimo contento m’e stata la vostra lettera, conoscendo io in quella, che voi mi siete vero, e perfetto amico. Validissime sono le vostre ragioni; ma non per ciò merito io d’esser biasmato, se de’ miei travagli m’affliggo. Se le cose picciole non che le grandi hanno forza di tormentar altrui, che dovrà far questa sventura mia, ch’à giuditio d’ogn’uno è grandisima? Poco giova il saper, che quegli, che spera, o teme le cose del mondo non può esser felice, quand’altri non può far di meno, vivendo in questo suo fango, secondo l’occasioni di non bruttarsi. For[?] è temer, e sperare. Io misero sperai un


gior-