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D’ISABELLA ANDREINI. 120

mentre mi sarà conceduto, ch’io viva. Vi bacio le bellissime mani, e vi giuro, che prima s’indurerà la neve à caldi raggi del Sole, ch’io muti pensiero.


Della descritione d’Amore.


Q

UELLI, che vogliono biasmar Amore (gentilissima Signora mia) ricorrono subito alla sua figura, e trovano, ch’egli è fanciullo, ignudo, alato, cieco, armato d’arco, di strale, e di facella, e vogliono, che la sua fanciullezza dinoti mancamento d’intelletto, l’esser ignudo, privatione d’ogni contento, l’haver l’ali instabilità, la cecità vogliono, che significhi, ch’ei conduce al precipitio chi lo segue, armato d’arco, e di strali, perche sempre ci molesta, con le sue ferite, ch’essi chiamano amare, e profonde, con la face, perche ci alletta con lo splendore, e ci distrugge con l’ardore: ma non s’avveggono privi di giuditio che sono, che da gli huomini prudenti, Amore ci fù lasciato così dipinto, perche noi conoscessimo dalla sua figura, la sua bontà, anzi la sua perfettione, e finto fanciullo per dinotare, ch’egli hà forza di ringiovenir gli animi nostri, di ravvivar gli spirti già morti, e d’esser continuamente grato in quella guisa appunto, che soglion’esser i vaghi, e gratiosi fanciulli, ignudo, perche possiamo, perfettamente vedere la singolar bellezza del suo corpo, il quale perche non hà difetto è soverchio cuoprire, overo per dinotare, che trà l’amante, e l'amata non


si dee