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LETTERE

na, che cento Città, e l’Artefice, che vi fece, e che vi pose nel cuor mio è stato Amore tanto più degno di Protogene, quanto sono più degni gli Iddij del Cielo de gli huomini della Terra. Chi vuol poi saper la differenza, ch’è da voi à quella imagine è un voler misurar l’immenso, e annoverar l’infinito; ma quando voi non foste nel mio petto non dovrei nè anche levarmi la vita, sapendo certo, che l’allegrezza della mia morte, vi torrebbe dal Mondo, dunque perche viviate, è ben, ch’io viva, ma se pur mi volete morto, eccovi il modo. Noi habbiamo infiniti essempi, che ci fan conoscere, che più facilmente si muore per allegrezza che per dolore. Hor, poiche voi chiaramente vedete, che ’l dolor dell’odio vostro non mi leva la vita, amatemi che l’allegrezza del vostro amore m’ucciderà senz’altro.


Delle lodi d’Amore.


S

E le cose ornate di celeste bellezza, di singolar virtù, d’honorate creanze, di costumi nobili, e d’altri eccellenti, e segnalati doni (dolce Signor mio si debbono amare) voi, che di tutte queste doti nobilissime siete adorno, meritate ch’io v’ami, anzi pur (se m’è lecito il dirlo) ch’io v’adori: e se niun’è tenuto alle cose impossibili, à me certo è impossibile il non amarvi, e ’l contradir ad Amore, dunque non son tenuta à farlo; e se Amore è vero principio, buon mezo, & ottimo fine d’ogni nostra felicità, perche ho io da


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