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LETTERE |
poiche l’oblio non gli havrà mai forza sopra. Egli col suo sapere ha dato ad altrui tal essempio di vita, che chi vorrà lungamente vivere bisognerà, che lungamente muoia, nella nobil lettura de’ suoi dottissimi scritti.
Del maritare una figliuola.
Gli è pur vero (vita mia dolce) che della Fortuna è costume quand’ella vuol ingannar un misero di dimostrarsegli benigna. Voi sapete molto meglio di me quanto ci fosse favorevole nel principio de’ nostri amori, & hora innaspettatamente mi si mostra tanto contraria, ch’io con minor doglia sentirei l’annuntio della mia morte, che la nuova, che per lei m’è stata data. Ah ben’è vero.
Che l’estremo del riso assale il pianto.
Io per me havererei havuto ardir di giurare, che mai, per qual si voglia accidente fosse avvenuta cosa, che turbar havesse potuto la felicità de’ nostri contenti: ma hora con mio grandissimo dolore m’avveggo quanto poco altri si dee prometter delle contentezze humane. Ohime, ch’è pur forza, ch’io vi metta à parte del mio tormento. E mi scoppia ’l cuore à pensarlo: oh considerate à scriverlo; e pur convien che ’l sappiate. Così volesse Amore, che quel dolor, che per tal nuova sentirete si facesse tutto mio, accioche facendosi più grave il martire, io per la sovverchia doglia ne rimanessi estinta, & voi non sentiste pur una
scintilla |