ho fatto, certo, che se non fosse il contento, ch’io ho nel trovarmi libera da quell’indegno laccio, che già m’avvinse, dubiterei nuova Hecuba di convertirmi in rabbia. Forse vi credeste, ch’io dovessi amarvi mentre durava il corso di mia vita, senza mai ritrar il piede dall’infelice sentiero, ch’io segnai nel seguirvi? Oh come erraste. Troppo, troppo si disdice ad un cuor non vile il pensare, non che ’l penare, per huomo ingrato, come voi siete. O giuditiosissimi Persi quanto ben faceste, quando formaste quella giustissima legge contr’à gl’ingrati. Voi pur ordinaste, che fossero irremisibilmente puniti, conoscendo, che l’ingratitudine è un’ingiustitia crudelissima, un’aspra nemica della Natura, e del Cielo, una vera morte della virtù, e di tutte le buone opere, & una distruggitrice della bontà. Deh perche non poss’io qual giudice Persiano punirvi, che molto volontieri ’l farei; ma poiche non posso, potrò almeno odiarvi. Ah, che s’ogni persona giuditiosa si disponesse (come dovrebbe) d’odiar gli ingrati, certo che sarebbono anche à bastanza puniti, poiche non trovando essi alcuno, che gli amasse, diverrebbono à lor medesimi odiosi. Io v’odierò dunque il rimanente di mia vita, ilche tanto più mi sarà facile, quanto più vi conosco indegno d’esser amato.