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LETTERE

favore, poi mi tradiva, nè contenti della guerra diurna mi combattevano anche in sogno, poiche uno mi faceva sognar la perdita del nostro campo, un’altro (e questo m’addolorava più che la perdita del campo, e della vita) m’appresentava la mia bella donna in poter d’altro amante, alla cui fiera vista il dolore subito, per mio bene discacciava il sonno, che, se ciò non fosse avvenuto io sarei morto sognando. Ma sì come il corpo non può nelle sue fatiche durar senza posarsi, così sarebbe stato impossibile, che l’animo mio havesse potuto sostenere un così lungo, e così crudel assalto senza qualche sorte d’alleviamento: ond’Amore, che questo conosceva trà tanti noiosi pensieri uniti veniva à rappresentarmi nella mente cose non meno strane che grandi, e per non vedermi morto (cara pietate) faceva come avveduto, comparir un gratioso, e benigno pensiero, che m’empieva il cuore di gioconda speranza, rallegrando ogni mio spirito, col farmi vedere la bellezza vostra, che lodata mi facea gir altero della mia servitù godendo d’haverla sì ben impiegata, e mutando ogni dolore in allegrezza, ogni guerra in pace, & ogni perdita in vittoria, fatto impatiente, non vedea l’hora di tornar di nuovo à veder la bella, & honorata cagione de’ miei sospiri. Hor lodato sia Amore, che forse mosso da’ miei prieghi, e dalle mie lagrime ha voluto consentire al mio desiato ritorno, per farmi goder vedendovi di fortuna migliore. Io riveggo pur quegli occhi amati, ne i quali partendo lasciai la mia dolce libertà, riveggio pur il


tesoro