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LETTERE

celerai le catene, con le quali se’ cinto. Armati di costanza, e di sofferenza. Combatti contra la ferità della nostra bella nemica, adoperando l’armi sue proprie; e se non hai potuto vietar, ch’ella ti vinca, vieta almeno, che di te non trionfi, accioche ’l fasto della gloria, per nostro male, non la renda più altera. Nascondi nel silentio de’ tuoi martiri, la vergogna della nostra perdita: sia la tua difesa il non lagnarti, e divenendo volontariamente mutolo, segui l’essempio memorabile di quel glorioso Romano, che intrepido, senza far motto, arse l’errante destra. Considera, che non havendo tu potuto vincer l’amoroso desiderio, nè le tue crudi passioni, sarà assai, che tu vinca i tuoi dolori, e sarà tua somma lode, se saprai finger d’esser tuo Signore, quando se’ fatto dell’altrui tirannide servo. Ah non sia vero crudelissima Donna, ch’io v’arricchisca delle mie perdite, havend’io risoluto meco stesso, che la fredda, e morta cenere del mio silentio, cuopra continuamente l’ardente, e vivo fuoco del mio amore.


De i doni, che si fanno.


E

GLI è pur vero, che malagevolmente, co’ più potenti si contende. Pensai (misero me) di potermi schermire dalla forza d’Amore; ma hora m’avveggo quanto in vano contesi, poiche dopò un lungo contrasto, finalmente rimasi abbattuto, e vinto; e dopò l’esser di-


venuto