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LETTERE

gioia, che sentirete poi, quando con voce da voi lungo tempo desiderata, mi sentirete dire. Havete vinto. Non vi dispiaccia il servirmi (per dir come voi dite) poiche la servitù attende la mercede, assicurandovi, ch’io non m’involo per fuggirmi da voi: ma per darvi occasione di seguirmi, sapend’io fermamente, che per la difficoltà cresce il desio. Intanto conservate nel lor sereno, quelle chiarissime luci, che sole hanno forza di sgombrar le tenebre dell’oscura mia vita.


Scherzi d’amore honesto.


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ISERO me, io pur son quegli, che ne gli orrori della notte agghiacciati, con maraviglia di me stesso, non picciola, in fuoco inestinguibile mi consumo. Io pur son quegli, che veglio in grembo a i martiri, mentre tutti i viventi ristorano le diurne fatiche in braccio al sonno. Egli per l’altrui quiete è figlio pacifico della notte, padre degli animanti, soave incantator della fatica, è ’n somma Dio gratioso, e favorevole à ciascuno, fuor che à me sventurato, à cui è dato in sorte, hora, che gli altri provano dolce riposo, l’esser tormentato. Hor che tutte le cose da un’amico silentio si stanno sopite, sollecitato dalle mie amorose passioni, m’è forza scrivervi questa lagrimosa lettera, la quale spero domattina inviarvi, perche possiate, per mezo delle mie doglie accrescer il nume-


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