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D’ISABELLA ANDREINI. 68

l’amoroso mio fuoco, ilquale per abbondanza di lagrime non cessa, anzi si fa più ardente. Mi cambio spesso di colore; ma non mai di pensiero. Quando si parte il giorno, io desidero la luce, e quando cede la notte, bramo le tenebre. Io vò cercando i luoghi più remoti, e più segreti, per potermi dolere senz’esser udito, così con quella noia, che m’annoia, vò noiando e questa, e quella parte; nè perciò voi inhumanissima Tigre vi movete à pietà de’ miei eccessivi dolori; ma faccianmi contra Amore, Fortuna, e la crudeltà vostra quanto possono, che non rimarrò mai d’amarvi, e di servirvi, consolandomi, che se non mi favorirà la sorte, m’avviverà la fede.


Simili.


L’

ESTREMA passione, ch’io sento è tanta, e tale, che mi leva molte volte l’intelletto, e mi toglie sì à me stesso, ch’io stò in dubbio del mio essere. Tallhora meco medesimo penso, s’io son quel, che sospira, quel, che si duole, e quel che più d’ogn’altro amaramente piange; e voi crudele, quanto più vedete in me effetti strani di doglioso affetto, tanto più godete, e ve n’andate altera; ma se questo è lo scopo de’ vostri contenti, eccovi sodisfatta, poiche tal tempesta di tristi pensieri mi turba, ch’i’ non sò ciò, ch’i’ debba di me infelice credere. Io penso tallhora d’esser morto, e così pensando mi fermerei, se questi


miseri