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LETTERE

dere di dove sia venuta per infestarmi. Ella non è al parer mio scesa dal Cielo, perche nel Cielo, non alberga sì crudo, e velenoso mostro. Ella non è uscita dell’Inferno, perch’ella nasce d’amore, e nell’Inferno altro non v’hà che odio. Ella non è uscita da solitaria Tana, o d’alcun’altro solitario orrore, poiche quest’iniqua non s’allontana mai dalla moltitudine delle genti, crederò dunque, che stanca, non dirò satia di tormentar il cuore d’alcun altro sfortunato amante, si sia da lui partita, solo per annidarsi nel mio, poi ch’io non sò vedere, che quest’empia, altrove habbia sua stanza, che nell’animo, e nel cuore de gli infelici amanti. Ohime, che questo mortifer’angue nascostosi trà i fiori delle mie contentezze tutte le ha morte, e tuttavia, non contento di ciò con la mano piena d’acutissimi stimoli, mi và tanto agitando, ch’io invidio lo stato d’ogn’altro per infelice, ch’ei sia, poich’io veggo dall’Hidra della mia miseria, sorger più capi, che rivi da un largo fiume, o faville, da un grandissimo fuoco. O pessima Gelosia com’è possibile, che nelle amorose fiamme possa tanto il tuo ghiaccio? ma (lasso me) benche tu gelata sia, nondimeno teco porti la face, come la porta Amore, e ’n un confondi e mesci e ’l fuoco, e ’l ghiaccio, ond’è, che ardendo, miseramente io tremo. Sì come dunque Megera, per quanto vogliono molti, diede la face ad Amore, così l’Invidia à te la diede, & ancorche l’Invidia stia ne gli animi vili, e tu più tosto ne’ regi, & ella sia figlia dell’odio, e tu dell’amore, nondimeno siete molto simili,


poiche