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D’ISABELLA ANDREINI. 40

nelope, & una Megera, una Venere. Hora si chiamerà questa poca confusione? ma perche m’affatico io nello scriver i dolori discordi, e confusi, che si sostengono nel seguir questa rabbia velenosa? poiche pur troppo, per se stesso conosce il Mondo lo spietato rigore: ma ’l peggio è, che benche ogn’uno conosca la falsità di questo fanciullo invecchiato ne’ vitij, e lo confessi distruggitor delle sue gioie, non può, o non vuole dalla sua forza schermirsi; ma io, che posso al presente, e voglio, vi giuro Signor mio di voler questo rimanente di vita, che m’avanza viver à più degni, & à più honorati pensieri, libero in tutto da così misera miseria. Amore io per me ti dico l’ultimo addio. Addio begli occhi, cagione delle mie gravi angoscie, addio amorosi pensieri, e voi notti dogliose, e meste, disegni vani, giuramenti inutili, fatiche mal impiegate, servitù disprezzata, sospiri, lagrime, singulti, querele, dolori, addio finalmente à quanto d’amaro si patisce in amore. Hora voglio tranquillamente godermi la mia dolce libertà. Voi mio Signore godete meco del mio bene, sì come io godo d’haver lasciato amore, che ’nvero, tanto ne gioisco, ch’io riputerei d’esser beato in terra, se non fosse quello stimolo, che mi tormenta, per haver tardato tanto à lasciarlo.


Della