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(III.)

SIGNOR MARCHESE


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O letta la Risoluzione delle Equazioni Cubiche pubblicata dal Signor Abbate Suzzi, che Ella Signor Marchese di propria mano mi diede, avendola poc’anzi a questo fine di Padova ricevuta; e le confesso, che nel leggerla attentamente mi è sembrato di potervisi fare molte opposizioni, le quali distruggono interamente l’edifizio. Queste ho frattanto divisato di significare a Lei, per riguardo al gran genio ch’ella sempre mostra alle Matematiche, e in attestazione di quel profondissimo rispetto, ch’io devo al suo merito incomparabile; ma prima devo esporre brevemente in che consista tutta la novità, che nel metodo preteso generale si contiene: nel che fare mi servirò della medesima equazione numerica, che il Signor Abbate risolve, cioè , pregandola d’intendere di tutte le altre, che hanno tutte e tre le radici reali, ciò che dirò di questa. Una radice adunque di codesta equazione colle formule Cardaniche si esprime così: ; la qual espressione imperfetta essendo a cagione della immaginaria , desideravano i Matematici, che un’altra se ne ritrovasse, in cui immaginaria alcuna non fosse; e per far ciò, indarno si sono affaticati da’ tempi del Cardano sino a’ dì nostri. Che ha fatto però il Signor Abbate Suzzi? Egli dopo d’avervi, com’egli istesso scrive, meditato e rimeditato per lunga pezza, ha proposta finalmente la soluzione di quell’Enigma, di cui parlando un insigne Matematico moderno dice: Asserere non vereor ex aliis principiis hujus rei mysterium petendum esse, quǣ ne-

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