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to sordo ciascheduno dagli applausi strepitosissimi d’un continuato viva, dal suono di sedici Tamburi delle Contrade, di tutte le Trombe della Città, dallo sparo non mai intermesso della Fortezza, dal suono universale di tutte le Campane, tanto che niente potè godersi l’ordinato concerto di Flauti, Piffari, e Cornetti, che si faceva in quel tempo nella gran Ringhiera del Pubblico Palazzo.

Mi dicano, che tali dimostrazioni di cordialissima riverenza gradite con benigno sorriso dall’A. S. R. fossero accompagnate con lagrime di tenerezza, simile il di Lei Volto in questo al Cielo, che ride col bel sereno, e assieme piange talvolta con qualche spruzzo di rugiada: Io però non potei vederla, atteso l’infinito Popolo, che strepitoso, e baccante d’allegrezza circondò sempre la Carrozza, benedicendola ancora per avere alla sua venuta veduto crescere nel Pane il maggior provvedimento alle povere Famiglie.

Passata che fu S. A. R. dal luogo, dove io mi trovava, incamminatasi a godere del resto della Strada non men dell’altre illuminata, essendo abitata da molti ricchi Signori, e Mercanti, mi portai al Duomo, il quale d’ordine del Sig. Claudio Bargagli Rettore di quell’Opera trovai serrato, talmente che ebbi commodo d’osservare la celebre Facciata illuminata con sì gran numero di Torce, e diverse altre lumiere, e palloni, che anco di notte spiccava a maraviglia il suo bello anco nelle parti più minute. Accompagnava quest’esterna illuminazione della Facciata il gran Cornicione, che và ad unirsi al Campanile, ove son collocate l’antiche Statue degli Apostoli, e questo ancora era ornato di Torce, ed altri lumi, che rendevano un nobile rifinimento di

 
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