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de voyageurs et de de marchandises, plus on voudra donner de vîtesse au parcours, et plus aussi en devra faire de sacrifices pour agrandir ce rayon”.
Ed anche qui in proposito delle curve, l’ing. sig. Pagnoncelli scrivendo al di lui amico, volle vedere nella mia Memoria del 20 giugno e proprio al § 43 una teoria, come ne aveva veduto un’altra al § 56 circa al combustibile, mentre a quel § 43 io non parlo che di osservazioni di esperimenti, e concludo così:
“Queste nuove cagioni di attrito e quindi di resistenza, che si debbono vincere percorrendo le curve di strade di ferro con convogli, non si possono sottoporre facilmente a calcolo: ma l’esperienza c’insegna che la loro somma, il loro risultato finale è assai notabile, e tale, che il maggiore Poussin (Poussin, pagina 199) dietro alcune osservazioni da lui fatte nelle strade di ferro dell’America, non esita ad asseverare che la resistenza che una curva posta sopra di un piano orizzontale, oppone al movimento di un dato convoglio è maggiore della metà di quella che questo stesso convoglio dovrebbe vincere nel di lui moto sopra un rettilineo orizzontale”.
E scrivendo a voi più sopra “spiacermi assai che l’ingegnere signor Pagnoncelli per venire a conclusioni diverse dalle mie non avesse letto la mia Memoria, o lettala avesse creduto di non dar retta a quello che contiene” vi ho detto una cosa sincerissima, una cosa che sento nel fondo dell’animo.
Le strade di ferro sono nuove per tutto, nuovissime in Italia. Il modo di scegliere le linee che debbono percorrere, di costruirle, di amministrarle è ancora nel nascere, nell’infanzia; non hanno ancora un’arte, una scienza a sè, sono ancora si può dire allo stadio di esperimento.
Quantunque la loro utilità sia ad ogni modo evidente pure l’opinione pubblica, che segue più le molte parole che si diffondono che i fatti e le dimostrazioni, oscilla ancora tra molti timori e molte speranze.
Gli interessi da loro turbati, gli interessi da loro eccitati