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IV. POMPEO IN EGITTO celare è d’uopo il meditato inganno, finché d’armi e d’armati abbia la reggia cinta il romano vincitor guerriero. Sicuri allor nella difesa invitta delle marziali schiere, il vinto duce del dittator sacrificar potremo al giusto sdegno ed al furore. Il prence, ch’ora de’ vinti alla vendetta anela, opra di mano ostil, di avverso acciaro del fier Pompeo riputerà la morte. Cosi salvo l’Egitto e salvi a un tempo noi stessi renderem; cosi delusa di Tolomeo sarà l’inutil cura, cosi Cesare avremo amico e Roma. Periglioso saria di troppo, amico, privi di scudo e di difesa, all’ira dello sdegnato egizio prence esporci. Chi dal furor... ACHILLA. Nell’ardir mio confida: nulla a temere avremo; inerme e solo che mai potria l’egiziano prence a nostro danno oprar? Se a noi fedeli le schiere son, che già corrotte i nostri cenni attendono sol, che potrà mai contro noi Tolomeo? TEODOTO. Del duce avverso opporsi all’armi, e le adunate schiere condurre ei stesso a battagliar potria, se prima ancor che d’Alessandria, amico, sia Cesare signor, l’ordito inganno a conoscer giungesse.